martedì 23 settembre 2014

Ancora eccellenze italiane

Prima di rientrare in Italia ho voluto, su suggerimento della mia amica Giovi del fashion blog theglampepper, visitare un’altra esposizione, presente in questo periodo nella capitale inglese, dedicata ad una delle eccellenze italiane.
Non sono propriamente una che segue il settore ma questo tributo a 50 anni di moda italiana dal dopoguerra a oggi mi incuriosiva ed si è rivelato un bel percorso nella storia recente del nostro paese anche se da un punto di vista molto glamour. Si parte dalle prime elegantissime sfilate di Palazzo Pitti al boom economico degli anni 60, dal pret-a-porter all’avvento dei grandi nomi della moda che iniziano negli anni 70, passando per Cinecittà e per le grandi star holliwoodiane che sono state ambasciatrici della creatività e dell’italian style, della eccezionale qualità di tecniche e materiali che hanno fatto diventare il Bel Paese la casa dei più grandi marchi dell’alta moda in tutto il mondo.

Non è stata infatti solo l’esposizione di magnifici abiti e accessori impreziositi da finiture uniche e originalissime (diciamo un po’ impegnative da portare!) ma anche la storia della nascita di un’industria tessile italiana che fino a pochi anni fa era un settore fortissimo e vantava capacità e maestrie invidiate da tutti. Distretti della moda che si sono specializzati nei diversi tessuti e materiali in varie zone d’Italia, Prato e la Toscana, Biella, Como e da qui hanno portato il made in Italy in giro per il mondo. Peccato che come al solito queste belle mostre celebrino la bravura italiana sempre con uno sguardo al passato intriso di nostalgia per un’epoca ormai finita.
Infatti è vero che il mondo è cambiato completamente negli ultimi decenni.





La qualità e la perfezione tecnica sono una ricerca riservata ormai al settore del lusso e basta fare un giro per i grandi tempi dello shopping del centro della città per vedere come la maggior parte della clientela internazionale, soprattutto giovane, cerchi cose originali e easy a prezzi molto bassi (un tripudio di tessuti acrilici e sinteticissimi da far rizzare i peli) confezionati soprattutto nei paesi dell’est asiatico e commercializzati da grandi aziende, i nuovi marchi dell’abbigliamento mondiale, che non hanno più niente a che fare con l’Italia. Non si cerca più il capo che duri nel tempo ma qualcosa che si può buttare a fine stagione senza troppi sensi di colpa per sostituirlo con qualcosa più cool e di moda a quella successiva. Il fashion come paradigma e simbolo della veloce trasformazione della nostra società “liquida” per dirla alla Zygmunt Bauman.

E quindi non è facile capire come fare per stare a galla. Giusto per ribadire il concetto la mostra terminata il mese scorso ha avuto come main sponsor Bulgari, prestigioso marchio italiano ora in mano al gruppo francese LVMH.
“The Glamour of Italian Fashion 1945 - 2014” terminava con una serie di interviste a varie personalità importanti del settore; le parole che si sentono ripetere sono “amore per il lavoro ben fatto, perfezionismo, creatività, capacità artigianale, dedizione, passione, qualità, stile”. Questi termini sono il cuore del made in Italy; ho l’impressione che dovremmo dargli una bella ripassata anche noi che indubbiamente non stiamo attraversando un bel momento.

Due parole sullo splendido museo che ha ospitato la mostra: 

è il Victoria and Albert Museum, V&A per gli amici.

E’ il museo londinese dedicato alle arti decorative, alla bellezza a scopo ornamentale declinata in tutte le forme e tutti i materiali. E’ nato per ospitare i manufatti della prima grande Esposizione Universale di Londra del 1851 (quella del Crystal Palace) e ora conta collezioni permanenti per oltre 4 milioni e mezzo di oggetti provenienti da tutti i continenti che coprono più di 5000 anni di storia . Impossibile visitarlo tutto!


Qualche foto per portarvi nella sua atmosfera.

L’enorme lampadario scultura dell’artista statunitense Dale Chihuly in vetro di Murano all’ingresso.



















Le “Tre Grazie” del nostro Antonio Canova acquistate nel 1994 per la cifra di 7.500.000 sterline. Lo stile neoclassico è molto nelle corde degli inglesi che hanno invece sempre snobbato il barocco; lo stesso museo infatti nel 1950 ha acquisito per circa 45.000 sterline la meravigliosa statua di “Nettuno e Tritone” di Gianlorenzo Bernini. E’ vero che ci sono 50 anni in mezzo ma che gran differenza di valutazione!


I giardini John Madejski.













Le Morris, Gamble and Poynter Rooms che ospitano il V&A Cafè. Come in molti altri musei e luoghi di cultura, splendide sale ospitano profanissimi luoghi dove si mangia e si beve (da noi sarebbe un’eresia che farebbe strocere il naso a sopraintendenti e esperti vari). Per non parlare della bellezza dei book shop che da soli meritano un giretto (sempre loro, i dirigenti del settore culturale italiano direbbero: “ma che scempio tutto questo commercio”).
Scuole di marketing diverse evidentemente.

La scomparsa della tovaglia

Tom ed io siamo tornati in patria terminando la nostra esperienza di expat ma avendo ancora qualcosa di semiserio da raccontarvi credo che scriverò qualche altro post sul blog londinese.
Tornando a casa dopo un periodo in cui ci si è adattati ad abitudini nuove e a luoghi e persone diverse si apprezzano cose che magari prima non avevamo neppure notato. 
Uno dei piccoli piaceri che ho ritrovato è stato sedermi e mangiare attorno ad una tavola ben apparecchiata.


Quando abbiamo iniziato a vivere a Barking con la famiglia che ci ha affittato la camera mi ero subito sorpresa del fatto che non ci fosse un tavolo, nonostante il salotto-living room e la cucina fossero più ampi della media delle casette striminzite di qui, ma disponessero solo di un bancone. Infatti non è loro abitudine mangiare appoggiandosi ad una superficie ma, dalla colazione alla cena, il pasto viene consumato seduti sul divano davanti alla telly e, come credo la maggior parte delle persone provenienti dalla zona dell’India e dintorni, non si usano le posate ma si mangia rigorosamente con la mano destra intingendo del riso bollito o del roti/chapati (pane piatto tipo piadina) nella pietanza principale che solitamente è carne o pesce cucinati con delle salse più o meno speziate.
Dopo l’iniziale perplessità è diventata una cosa normale ma noi non abbiamo mai rinunciato al pasto seduti sugli unici due sgabelli della casa appoggiando le nostre cose sul bancone; certo il desco era un po’ tristolino vista la dotazione ridotta all’essenziale ma se lo chiamavamo “minimalista” già faceva una figura diversa.
Con il passare del tempo abbiamo notato invece che l’abitudine di non preparare la tavola ma sostanzialmente mangiare (spesso “buonissime” schifezze prese ad un take away) davanti alla TV seduti sul sofa o sulle poltrone non era solo della nostra casa ma è diffusissima in tutte le famiglie qui in Inghilterra di qualsiasi etnia, grandezza o estrazione sociale. In effetti anche il rapporto con il cibo è un fatto culturale e come per tante altre cose è curioso vedere quanti modi diversi ci sono non solo di prepararlo ma anche di consumarlo.
Ditemi però che anche voi siete per la difesa della tovaglia e di un bel tavolo “all’italiana”.

martedì 22 luglio 2014

Veronese, dalla National Gallery a casa sua

Qualche mese fa avevo dedicato un post alla straordinaria mostra del Veronese alla National Gallery di Londra e ora sono felice di dirvi che, per puro caso, sono stata accontentata (so che non è merito mio!).
Ho avuto il piacere infatti, invitata da Tiziana Benincà collaboratrice del Consorzio di promozione turistica Marca Treviso e blogger di Veneto Smile, di partecipare alla conferenza stampa all’Istituto Italiano di Cultura di Londra lo scorso 13 giugno e scoprire che, finalmente, anche la nostra regione potrà vantare una serie di mostre su Paolo Caliari detto Il Veronese di altissimo livello che non avranno nulla a che invidiare all’esposizione della prestigiosa galleria londinese anzi avranno l’onore di ospitare alcuni pezzi imperdibili che arriveranno proprio dalla mostra appena conclusa.
Sabato 5 luglio c’è stata l’inaugurazione ufficiale delle mostre di Verona, “Paolo Veronese. L’illusione della realtà” e di Vicenza, “Quattro Veronese venuti da lontano. Le Allegorie ritrovate”.

Il grande artista del Rinascimento, attivo soprattutto nella Repubblica di Venezia, che lavorò anche a contatto con Tiziano e Tintoretto, viene dunque celebrato dalla propria città natale e insieme da tutto il Veneto, terra che ha avuto la fortuna di essere luogo privilegiato dei suoi lavori, patria e ispirazione al contempo.
Le due esposizioni principali che rimarranno aperte fino al 5 ottobre  verranno infatti integrate da altre 3 mostre a Padova, Castelfranco Veneto e Bassano del Grappa, che partiranno il prossimo settembre e proseguiranno fino a gennaio 2015, e da un itinerario che comprende ville, chiese e palazzi che ci porterà alla scoperta del nostro patrimonio diffuso.
L’occasione è veramente preziosa e chi abita in Veneto, in Italia, non può lasciarsela sfuggire; credo profondamente che ripartire dalle nostre ricchezze storiche, artistiche, paesaggistiche, diventare più consapevoli di cosa ci circonda, ritornare ad educare e ad essere educati alla bellezza e cercare di rendere più sensibili soprattutto i giovani sull’importanza del bene comune e dell’eredità che ci hanno lasciato i grandi del passato sia un punto di partenza indispensabile per tornare ad essere un grande paese.

Sull’ottimo sito www.scopriveronese.it trovate in dettaglio tutte le iniziative e il sito www.marcatreviso.it è il riferimento per le prenotazioni alberghiere per chi arriva da più lontano. Chi visita una mostra entra con biglietto ridotto alle altre.

giovedì 3 luglio 2014

The Lion King - Il Musical. Recensione by Tom

La settimana scorsa la mia Primary School ci ha regalato la possibilità di vedere il musical
“The Lion King”. Noi ragazzi delle classi Year 6 siamo andati in centro a Londra nella zona tra Covent Garden, Leicester Square e Piccadilly dove ci sono moltissimi teatri e dove si può assistere ai musical tra i più belli al mondo insieme a quelli di Brodway. 
Questo de “Il Re Leone” è in scena, tutti i giorni, da 15 anni.


                                                   Immagini leaflet "The Lion King" (copyright Disney)













E’ stata una delle cose più belle che abbia mai visto. Le scenografie erano incredibili e cambiavano ad ogni scena. Sul palco c’erano tanti attori che cantavano e ballavano benissimo con trucchi e costumi che imitavano gli animali. La bellissima musica e le canzoni scritte da Elton John  erano coinvolgenti e il ritmo ti faceva immaginare l’Africa. I costumi e le maschere, molto colorati e pieni di particolari, erano decorati con legno, conchiglie e altri materiali naturali e per la loro bellezza hanno vinto molti premi. Gli attori che facevano la parte delle giraffe, ad esempio, camminavano con le braccia e le gambe su dei lunghi trampoli per imitarne le zampe con un effetto spettacolare. 
La storia è la stessa del cartone animato e anche i personaggi; il mio preferito è Timon, un suricata, amico di Pumba il facocero, che fa molto ridere e sa sempre cosa dire per tirarti su di morale.
Tutto lo spettacolo è stato molto bello ma la parte che mi ha commosso di più è il momento in cui Simba, il leone protagonista, ha cantato “The Circle of Life” a suo papà Mufasa che è morto ma che compare nel cielo e subito dopo sparisce lasciandolo da solo a continuare la sua avventura.
E’ stata davvero un’esperienza indimenticabile e chi ha voglia può vedere il trailer sul sito http://www.thelionking.co.uk/about-the-show/.


P.S.: consiglio da “the mum” se programmate un giro a Londra e ci sta nel budget non fatevi scappare l’occasione di vedere uno dei numerosi e eccellenti musical, ce n’è per tutti i gusti e ne vale davvero la pena.

venerdì 27 giugno 2014

Il mondo in un pallone

Non avrei mai pensato di scrivere un post dedicato al football. 
Sono arrivata in Inghilterra con un certo grado di saturazione riguardo al mondo del calcio in ogni sua forma. Ho provato sollievo all’idea di non dover lavare calzettoni puzzolenti e scarpe incrostate di terra e fango (e chi mi dice che i ragazzini dovrebbero arrangiarsi a tenere pulite le loro attrezzature o ha una lavanderia dedicata e isolata o ha un imbianchino a disposizione ogni quindici giorni); e mi sono sentita liberata dal “sequestro familiare” che comportano 3 allenamenti  settimanali, più la partita del sabato pomeriggio, più tornei di vario tipo sparpagliati duranti l’anno, spesso nei fine settimana. Per non parlare della TV quasi sempre sintonizzata su un anticipo, posticipo, Champions League, Coppa Italia e non so cos’altro ancora. 
Ma Tom adora il calcio, davvero (e così suo papà e mio marito Alessandro). Non riesce a camminare se non dà qualche pedata a qualunque oggetto possa in qualche modo rotolare. Già dopo un paio di giorni presso il nostro primo indirizzo londinese l’ho trovato che conversava amabilmente, con le sue 50 parole di inglese, con un altro coinquilino ben più grande di lui, Mahmut, originario di Istanbul  e supporter del Fenerbache, di Milan, giocatori, del campionato inglese ecc. mentre io avevo scambiato sì e no due frasi di circostanza. Ovviamente appena trovata la dimora definitiva mi ha chiesto un pallone e siamo andati al parco; e lì non ci ha messo molto a trovare qualcuno con cui fare due tiri, di tutte le età. 
Praticamente è stato Tom con il suo pallone e la sua conoscenza sull’argomento che ha aperto molte porte qui, senza nemmeno sapere bene la lingua. 
Perché, se ci dimentichiamo del calcio-mercato e degli ingaggi milionari, dei diritti TV e dei calciatori capricciosi come vere e proprie star, ma torniamo ai fondamentali, dobbiamo ammettere che il calcio è davvero universale e democratico. Che sia quello giocato per strada o in spiaggia con le porte fatte con le ciabatte, che sia quello visto su uno schermo o letto sulla Gazzetta, è un linguaggio semplice e immediato, un passpartout.
Per questo la World Cup, anche con tutti i problemi e le contestazioni del caso, rimane una grandissima festa collettiva ed è difficile rimanere indifferenti anche se non si ama il calcio. 



Tom stasera (sabato 14) seguirà Italia-Inghilterra a casa di un suo amico, ognuno tiferà il proprio paese e poi dormiranno insieme. E la mattina dopo? Alle 8 appuntamento per andare ad un torneo di calcio che durerà tutta la domenica, naturalmente. Pensavo di essermela scampata per un po’. 





Comunque avete visto l’ultimo spot, “The Last Game”,  di una nota marca sportiva che inizia con la N? E’ talmente bello che ci fa diventare simpatico perfino Ibra.

Numeri a confronto

Anche qui a Barking and Dagenham, il “comune”, borough  nell’est di Londra (la città Greater London ne ha 33), dove viviamo io e Tom, ci sono state le elezioni. Percentuale media di affluenza circa 37%, ha vinto di nuovo il Labour Party e sulla foto vedete alcuni dei candidati. Il signore sikh, arrivato dal Punjab nel 1963, si chiama Singh ed è l’ex sindaco, i nomi degli altri due candidati sono Jeanne e Faraaz. 









Foto by Darren Rodwell on behalf of Barking’s Labour Council candidates


In Italia la scorsa domenica ci sono stati i ballottaggi mentre qui, nel Regno Unito, nell’ultima settimana erano attesi i risultati delle elezioni nel distretto di Newark poco dopo le votazioni per il Parlamento Europeo che ha visto l’exploit dell’UKIP, il partito dell’ormai notissimo Farage. In questo appuntamento elettorale si è riconfermato invece il candidato dei Tory distanziando il rappresentante dell’UKIP di quasi il 20% e rasserenando molti animi preoccupati anche se l’affluenza ha avuto un crollo verticale rispetto alle ultime elezioni. Devo ammettere che non conoscevo per niente Farage e il suo partito, e anch’io ho cercato di informarmi. Di certo c’è che le dichiarazioni fatte da alcuni importanti esponenti dell’UKIP sono inequivocabili e non direi proprio “progressiste” e il loro leader non ne ha mai preso le distanze. 
L’unica considerazione che mi sento di fare è che molti inglesi inglesi, di etnia bianca per capirci, e gli inglesi di tutte le altre numerosissime etnie miste e non, che vivono in UK da un paio di generazioni o da moltissimi anni, cominciano ad essere insofferenti riguardo la politica sull’immigrazione e del sistema di welfare, sotto certi punti di vista generosissimo, che però molte volte penalizza pesantemente chi vive qui da sempre. 
Se vogliamo, sono gli stessi discorsi che sentiamo in Italia negli ultimi anni (aggravati dalla pesante situazione economica) con la differenza che qui sono arrivati e continuano ad arrivare in tantissimi. Qualche mese fa si parlava di una quantità di persone corrispondente circa ad un aereo che, solo dall’Italia, ogni settimana arriva a Londra (dentro la statistica c’è anche chi scrive) per fermarsi in cerca di lavoro e fortuna.

Ora, anche se non c'è una diretta connessione con l'argomento precedente, lascio che parlino alcune cifre: 
Comune di Treviso:   abitanti  83.000,  densità abitativa 1.497 ab/kmq
Barking and Dagenham:   abitanti 187.000, densità abitativa  5.200 ab/kmq  
etnie 49,5% bianchi britannici, 0,9% bianchi irlandesi, 0,1% bianchi gitani, 7,8% altri bianchi, 1,4% bianchi e neri caraibici, 1,1% bianchi e neri africani, 0,7% bianchi e asiatici, 1% altri misti, 4% indiani, 4,3% pakistani, 4,1% bengalesi, 0,7% cinesi, 2,8% altri asiatici, 15,4% neri africani, 2,8% neri caraibici. 
Regione del Veneto:   abitanti  4.914.000, densità abitativa 267 ab/kmq.
Greater London:   abitanti 8.308.000, densità abitativa 5.285 ab/kmq         se si calcola l’area metropolitana che converge quotidianamente sul centro per il lavoro si arriva a circa 14 milioni di persone senza calcolare le centinaia di migliaia di turisti e studenti. 
Chi viene a visitare Londra e la trova un poco affollata non dica che non è stato avvisato. 
Dati (arrotondati) fonte Wkipedia.

venerdì 6 giugno 2014

L'importanza delle parole

Da quando sono a Londra ho cercato di leggere libri in lingua inglese per fare quella che si definisce una “full immersion” e migliorare più in fretta le mie capacità linguistiche.
Mi sono iscritta alla fornitissima biblioteca pubblica e, per iniziare gradualmente, ho preso in prestito qualche libro per ragazzi e young adult  (giovani adulti) sapendo che in questa categoria ci sono testi ben scritti e godibilissimi anche per noi grandi. Poi sono passata ad un paio di romanzi, fiction li chiamano qui, non troppo complessi. Quando ho terminato “La ragazza con l’orecchino di perla” di Tracy Chevalier potendo affermare, in modo convinto,  di essermelo “gustato” oltre che di averlo capito, ho preso coraggio e sono passata alle cose impegnative.
Sapevo che i miei amici de “La Cittadella dei Lettori”, il gruppo di lettura che ha sede nella biblioteca comunale di Pieve di Soligo, si erano inoltrati alla scoperta di Alice Munro, ultimo premio  Nobel  per la letteratura, e per restare al passo ho iniziato un suo libro di racconti.
Con fatica ho finito il primo servendomi ogni  3-4 parole dell’ottimo  servizio di Google Traduttore. Ma è stato un esercizio faticoso che non lasciava niente al piacere della lettura.
E così ho capito che quando un libro è  piacevole, non solo per la capacità della storia che racconta di prenderci e interessarci, ma anche e soprattutto per la bellezza delle parole, per la maestria di chi scrive di comporre le frasi facendo apparire paesaggi, pennellando volti e caratteri, portandoci dentro un’atmosfera o un sentimento, non puoi leggerlo con il dizionario di fianco ma devi, davvero, aver fatto “tua” quella lingua.
E ho realizzato, nello stesso momento, quanto siano bravi i traduttori, per lo più sconosciuti e mal pagati, che devono riuscire a ricreare le stesse sensazioni, la stessa magia riportandole da una lingua ad un’altra.
Ci si rende conto di quanto siano importanti le parole e della differenza tra padroneggiare un idioma e saperlo solo abbastanza bene anche quando si è in un paese non della propria lingua madre e ci si accorge di perdere per strada le sfumature, di non capire del tutto le battute di non sapere far arrivare agli altri pienamente quello che si vorrebbe.

Auguro ai nostri ragazzi che si affacciano su un mondo globalizzato e in continua e veloce trasformazione di arrivare davvero a “possedere” le parole, prima quelle della propria lingua e poi anche in quella che è diventata ormai “obbligatoria”, l’inglese. Perché possano cogliere ed esprimere la bellezza. 

martedì 27 maggio 2014

La musica ... nell'aria

Ecco un’altra occasione che mi fa essere contenta di vivere momentaneamente in una enorme e super -affollata città.
Per  il terzo anno consecutivo nella centralissima Trafalgar Square, sicuramente la piazza più conosciuta di Londra, alle spalle dell’ammiraglio Horatio Nelson in cima alla sua colonna, si è svolto BMW LSO Open Air Classic.

Domenica 11 maggio, in una London ventosa e di nuovo fredda, una grande folla di persone, turisti e Londoners, ha potuto partecipare gratuitamente ad un evento che ha portato la grande musica classica fuori dalle sale da concerto, in uno spazio aperto, insolito e decisamente popolare.

 La London Symphony Orchestra  è una delle maggiori orchestre del Regno Unito e una delle più prestigiose al mondo. Molti sicuramente l’hanno vista durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi del 2012 quando si è prestata alla simpatica gag con Mr Bean e poi più seria durante la cerimonia di chiusura.












Diretta dal maestro russo Valery Gergiev, (contestato animosamente durante il concerto, da alcuni attivisti e simpatizzanti dell’Ucraina, per il suo appoggio a Putin), ha proposto per 90 minuti, ad un pubblico indubbiamente variegato, un repertorio tratto dalle opere di Prokofiev; alcuni brani sono stati eseguiti dai maestri esperti insieme ad alcune decine di giovani musicisti, emozionati ma davvero professionali, provenienti dai quartieri dell’East London. Davvero emozionante. Anche noi del pubblico, vista l’atmosfera informale, abbiamo partecipato attivamente al concerto con una performance di migliaia di percussioni, scuotendo, rigorosamente a tempo, ognuno il proprio mazzo di chiavi.

Ringrazio la LSO e BMW (bello, quando il settore privato rimette in circolo i profitti per qualcosa di importante e condiviso con la gente) del bel regalo per la festa della mamma, che mi sono goduta in compagnia del mio giovane pianista in erba.



Piccoli blogger crescono

Cari amici che seguite le nostre piccole avventure sul blog volevo avvisarvi per chi non lo ha letto su Facebook che da un paio di settimane siamo pubblicati anche sul sito di OggiTreviso (dalla redazione de Il Quindicinale) sulla sezione dedicata ai blog.
Prima lo potete trovare lì ma poi lo ripubblicherò in queste pagine.
Grazie per l'affetto.
Anuska

venerdì 18 aprile 2014

Orgoglio italiano, anzi veneto

Ieri sono riuscita a colmare una grande mancanza delle mie varie visite a Londra e finalmente sono entrata in quello scrigno di bellezza che è la National Gallery.

Dal 19 marzo fino al 15 giugno c'è la mostra dedicata a Paolo Veronese e ancora per pochi giorni i due Girasoli di Van Gogh uno di fianco all'altro.
Migliaia di persone ogni giorno si fermano qui qualche ora ad ammirare i più grandi capolavori della storia della pittura mondiale e davvero molto arriva dall'Italia.

Già dalla biglietteria e dal servizio informazioni si sentiva l'aria del Bel Paese, praticamente ieri mattina gran parte del personale era italiano anche se ovviamente perfettamente fluently english speaking
Poi entrando alla mostra è stato impossibile trattenere un fortissimo sentimento di orgoglio per la terra da cui provengo; mi sarei messa un bel cartello al collo "Anch'io sono VENETA (non venetista, sia chiaro!), le bellezze che voi vedete sullo sfondo di questi meravigliosi quadri, io le posso vedere direttamente con i miei occhi tutti i giorni"
Una gigantesca cartina di Venezia, del Veneto e di Verona accoglierà all'ingresso le centinaia di migliaia di visitatori, in questo caso paganti, che godranno dell'esposizione.


I dipinti provengono dalle collezioni dei più importanti musei del mondo ed è un'occasione vederli tutti insieme. Ma noi abbiamo la fortuna di poter vedere le opere più belle del Veronese lì proprio nei luoghi per cui sono state create; uno per tutti comodo e vicino a casa... Villa Barbaro a Maser.
Quindi la domanda è scontata: ma noi quando ci siamo addormentati? Perchè io e la mia amica Dina con i nostri ragazzi abbiamo visto la più grande mostra degli ultimi anni su Pompei e Ercolano organizzata, tanto per cambiare dal British Museum, una sera per pura furtuna al cinema solo perchè la prestigiosa istituzione inglese ha venduto per pochi giorni i diritti all'Italia? Perchè loro sono riusciti a guadagnare esponendo reperti per la maggior parte provenienti da Napoli e noi non siamo capaci?
Ieri mi veniva quasi da piangere, commossa da tanto talento, infuriata dalle occasioni sprecate.

domenica 30 marzo 2014

Girare in economia

Ogni domenica, da quando Tom va a scuola, cerchiamo di prenderci un po' di tempo per vedere e scoprire qualcosa di nuovo della città che ci ospita. Oggi dopo un caffè a Piccadilly con un amico pievigino, approfittando delle temperature di nuovo tiepide, abbiamo gironzolato tra Green Park e Hyde Park invasi di biciclette, pattinatori di tutte le età e migliaia di persone distese sui verdissimi prati.



C'erano anche dei "donatori di abbracci gratuiti" e naturalmente ne abbiamo approfittato..

Abbiamo concluso la domenica pomeriggio con una visita a Westminster Abbey, la chiesa dove si sono sposati Kate e William per intenderci, ma il biglietto d'ingresso è piuttosto costoso (quasi 20 € a testa) e così abbiamo optato per assistere alla messa del pomeriggio secondo il rito anglicano.
Entrata gratuita (non abbiamo visto tutto, però), nuova esperienza e cosa dire del meraviglioso coro che allietava la funzione? Molto bravi, ma durante il brano in latino di canto gregoriano non ero sicura della sopravvivenza di Tom (neanche mia a dire il vero!). Alla fine ci è venuta la ridarella, o per dirla alla venexiana, il boresso.


lunedì 17 marzo 2014

Il potere internazionale del tiramisù

Un paio di settimane fa mi è capitato di essere indirettamente coinvolta in una situazione che pensavo non fosse più possibile nella Londra "futuristica" del 2014.
E' vero che abbiamo scelto di abitare nell' East End e abbiamo affittato una stanza nella casa di una famiglia con origini bengalesi ma lo stesso mi sono sentita come in un film.
In poche parole, la sorella ventitreenne della mia "landlady" (padrona di casa) ha ricevuto, a casa della mamma, la prima visita della famiglia, al completo, del suo futuro sposo per combinare il loro prossimo fidanzamento e poi il matrimonio. 
I due giovani NON SONO MAI USCITI INSIEME e potranno iniziare a frequentarsi nel momento in cui le due famiglie si saranno accordate secondo le tradizioni della loro cultura.
Vista l'importanza dell'incontro, con annesse aspettative e ansie da prestazione, c'è stato un gran daffare da parte di tutta la famiglia per presentarsi al meglio e offrire ogni tipo di bontà dolce e salata. Assistendo a una conversazione telefonica tra sorelle, alla parola TIRAMISU', mi sono quasi commossa, e con orgoglio mi sono proposta, in qualità di esperta e portatrice di trevigianità (acquisita), di aiutarla a preparare quella squisitezza, considerato che è uno dei pochi dolci che mi riesce bene.
Così la sera prima del grande giorno ci siamo messe a montare chiare d'uovo, mescolare, spalmare con tanto di fotografie a documentare il procedimento e alla fine il tiramisù è riuscito lì dove la lingua e la cultura non sono arrivate.


Magari non siamo diventate amiche fraterne ma il rapporto si è poco poco intiepidito e c'è stato un passo avanti nella comunicazione reciproca.
So che non potrà essere decisivo nelle questioni gravi e delicate come quelle dei nostri Marò in India ma nel piccolo preparare e condividere il  buon cibo che è anche parte della nostra cultura può diventare un ponte.
Quindi più tiramisù nelle relazioni internazionali, anzi più tiramisù per tutti.

martedì 11 febbraio 2014

W la scuola - tocca a the mum

Qualche giorno fa Tom è tornato a casa con un fascicoletto di 9 facciate presentato dalla lettera del preside che pregava i genitori di leggerlo attentamente. 
Si tratta del report dell'ispezione che si è svolta lo scorso gennaio presso la Eastbury Primary School da parte dell'Ofsted. Questo organismo statale visita periodicamente ogni scuola inglese per valutare 4 parametri (leadership e capacità di gestione, comportamento e sicurezza degli alunni, qualità dell'insegnamento e risultati degli studenti) e dà letteralmente i voti spiegando in maniera dettagliata le motivazioni e propone dei suggerimenti nel caso ci sia da migliorare.
Mi sembra che questo dica già molto sul diverso atteggiamento verso il mondo scolastico rispetto al nostro paese.
Premetto che non ho le competenze per giudicare e comunque non sono qui per questo ma condivido con chi ci legge quello che mi ha colpito, così a caldo.
Mi è piaciuto vedere che tutte le mattine, con qualunque tempo, un insegnante per classe si trova all'esterno ad accogliere i propri bambini con un sorriso e un "good morning".
Ho percepito come la grande diversità di provenienze, culture, lingue venga sentita e sottolineata come una ricchezza.
Sono rimasta sorpresa nel vedere come l'attività fisica e il momento del gioco libero siano ritenuti indispensabili e come tutti ritengano importanti gli spazi adibiti a questo scopo.
Chi pratica altre attività oltre la scuola viene incoraggiato, aiutato e se possibile premiato per la buona volontà.
Stranamente si sente forte il senso della comunità che gira intorno alla scuola nonostante questo "comune/borough" di Londra conti 185.000 abitanti. 
Ho già fatto capire che erano anni che non vedevo bambini giocare a palla per la strada, mai avrei pensato di vederli qui.
Insomma da quel poco che posso aver visto, l'impressione è che la scuola sia più vicina alla realtà e più concreta rispetto all'Italia, guarda di più al futuro, si sente forte e importante e non considera l'essere ispezionata, un'ingerenza a scopo punitivo ma uno stimolo a migliorare. Non ci sono dubbi che lo Stato crede nella Scuola e di conseguenza la difende e investe molti soldi per poter creare cittadini migliori.
Ma quanti altri esempi ci servono ancora per imparare almeno a copiare, salvando le cose e le persone preziose che comunque ci sono anche da noi?

venerdì 7 febbraio 2014

W la scuola - Prime impressioni

Finalmente!
Dopo due settimane di attesa, Tom, con grande sollievo di tutti e due, ha potuto iniziare la sua nuova esperienza scolastica. Siamo stati ricevuti da Mrs Gale, responsabile del rapporto con le famiglie, che ci ha spiegato il funzionamento e le regole della Eastbury Primary School e poi ci ha accompagnato per un tour completo e presentato l'insegnante responsabile della classe di Tom.
Mr Navarro è il giovane teacher prevalente della 6C; viene da Barcellona e con molta simpatia ci ha detto che "abla un pochito de italiano"; così con un mix di inglese, spagnolo, veneto e italiano, Tom se la sta cavando bene e l'inserimento è più facile di quello che potevamo pensare.
Questo post dovrebbe scriverlo il diretto interessato ma, quando torna a casa, i suoi neuroni chiedono pietà e così non me la sento di insistere per cui lo scriveremo a quattro mani.

Prima di tutto devo dire che è bello vedere Tom così entusiasta della sua nuova scuola.
Qui, per via della data di nascita (ottobre) è stato inserito ancora nella scuola che noi, da qualche anno, chiamiamo primaria. Le lezioni iniziano alle 9.00 in punto e terminano alle 15.15 dal lunedì al venerdì e così è per tutte le scuole pubbliche. Con l'equivalente di 2,5 euro può mangiare a scuola ma molti bambini si portano il "pack lunch" cioè un sandwich e un sacchetto di patatine.
Tutti gli studenti inglesi di qualsiasi scuola indossano la divisa fino ai 16 anni quando finisce l'obbligo scolastico; ogni scuola ha il proprio logo e la propria divisa che per i più piccoli consiste in genere in una felpa con la camicia bianca e pantaloni e scarpe nere o grigie mentre dalla Secondary School sono obbligatorie giacca e cravatta. 

La felpa è l'unica cosa che abbiamo dovuto comprare, tutto il resto compreso qualsiasi materiale scolastico è fornito dalla scuola e rimane lì; si porta a casa solo il necessario per fare i compiti che ti danno una volta alla settimana (il giovedì per il martedì successivo).



Pensieri di Tom sulla sua scuola:
"tutti i miei nuovi compagni sono gentili, disponibili e amichevoli, già il primo giorno sono stato invitato ad andare a giocare a pallone per la strada (the mum: esterefatta!!!)
"Mr Navarro è molto simpatico e paziente ma quando spiega o ci dà un compito dobbiamo essere precisi e prestare la massima attenzione, nelle pause però ci lasciano correre, giocare a calcio e ci incoraggiano a muoverci (a differenza dell'Italia)"


"non ho mai fatto storia e geografia fino ad ora ma ci fanno usare ogni giorno l'Ipad  (uno ogni 2 alunni) per cercare notizie di attualità e fare dei report e per altre attività creative"
"faccio parte del club di football che si svolge gratuitamente all'interno della scuola il mercoledì mattina dalle 8 alle 9 e il venerdì pomeriggio per un'ora alla fine delle lezioni, peccato perché il venerdì mi sarebbe piaciuto anche andare al club di street dance"
"nella mia scuola nuova si parlano, tra insegnanti, personale vario e bambini, 53 lingue diverse".
segue... (nel prossimo post le considerazioni di the mum)


lunedì 27 gennaio 2014

Cronaca di due settimane che ne valgono almeno quattro (parte 2)

In questi ultime settimane mi capita di collegarmi più spesso a FB, forse per sentirmi più vicina agli amici e sbirciare un po' cosa fanno, comunque mi sono imbattuta più volte nel tema della gentilezza.
Dal discorso dello scrittore George Saunders agli studenti di un università americana (vero Anna?), al post, condiviso da molti, che invita ad essere gentili con gli altri perché non si conosce la loro storia, a Repubblica di qualche giorno fa che pubblicava "L'importanza della gentilezza" di Corrado Augias.
Beh se devo riassumere questi ultimi 15 giorni in una parola, mi viene proprio in mente proprio questa: gentilezza.
È la cosa che forse mi ha stupito di più di questa frenetica città-mondo, visto che, dopo la sbrigativa padrona di casa del primo giorno, abbiamo sempre incontrato persone cortesi e disponibili. 
A partire dai nostri primi coinquilini, Dileep, bancario di origine indiana, che vive a Nottingham con la moglie e due figlie adolescenti ma che per lavoro sta via tutta la settimana e Mahmut, turco, in Inghilterra da quasi vent'anni, che ci hanno offerto quello che ci eravamo dimenticati di comprare e con molta semplicità ci hanno messo a disposizione le loro cose. E poi Anna, una giovane futuro medico olandese, qui a Londra per un tirocinio in un ospedale, che abbiamo conosciuto praticamente solo per una sera ma che qualche giorno dopo, quando noi già non abitavamo più lì, ci ha chiamato per una cenetta che lei ha cucinato per tutti gli ospiti della casa.



Ma anche le persone che sono in fila con te per ricaricare la tessera per i trasporti che si fermano e perdono qualche minuto per farti vedere come si fa. E ancora chi, se si accorge che sei straniero e non capisci proprio bene, ti ripete con pazienza le cose.
Come non raccontarvi dell'incontro con il vice-responsabile delle mitiche biblioteche londinesi Idea Store (se non sapete cosa sono andate a vedere il sito) che dopo una mia semplice mail dove gli raccontavo la nostra avventura, mi ha detto di passare per una chiaccherata e mi ha dato alcuni consigli per cercare di ottenere un lavoro presso una delle loro sedi o qualche altra biblioteca. 
Qualche giorno fa io e Tom siamo stati nel grande parco del nostro nuovo quartiere e passeggiando ho incrociato due ragazze che parlavano italiano; con un pizzico di spavalderia ho chiesto loro se abitavano nella zona; perché se in centro sentire parlare il nostro idioma è davvero cosa normale, qui in periferia diventa più raro. Così vengo a sapere che sono due sorelle di BELLUNO e la loro mamma è originaria dell'ALPAGO, cioè sono riuscita ad incontrare, dopo pochi giorni, in una città di quasi 9 milioni di abitanti qualcuno che viene dai miei stessi luoghi e che non sono esattamente il centro del mondo. Sarà destino, non so. Comunque la sorella maggiore, E., mamma di uno splendido bambino di 3 anni, David Jay, abita vicino a noi e ci ha già accolti a casa sua per un buonissimo caffè che alla fine è diventato una cena in compagnia. 
Sarà che qui sono abituati a tanta gente che arriva da ogni parte e in ogni momento, sarà che la cortesia fa parte della loro educazione ma l'impressione è che da noi, invece, la stiamo perdendo per strada, insieme a tante altre belle cose che fanno parte della nostra cultura.
Quindi con o senza crisi, più o meno poveri, la gentilezza costa davvero poco e rende le giornate più "dolci" a chi la usa e a chi la riceve.
WELCOME TO LONDON.

venerdì 24 gennaio 2014

Cronaca di due settimane che ne valgono almeno quattro (parte 1)

Sono già passati 15 giorni ma l'intensità del tempo trascorso in questa grande città e la quantità delle cose in ballo fa sì che la sua percezione sia assolutamente fuori dall'ordinario.
L'impatto con la metropoli non è stato proprio subito facile. Eravamo già sicuri di come arrivare dall'aeroporto alla stazione di Stratford e poi avevamo studiato il successivo percorso - mappa Tube (metropolitana) + Google Maps - per arrivare alla nostra cameretta con bagno condiviso e uso cucina, affittata in una casa privata per i primi 10 giorni. Con l'aereo già in ritardo per nebbia, pausa panino, foto, Oyster card siamo arrivati a Green Street pensando di poter trovare la signora che gestisce l'abitazione presso il suo indirizzo privato. 
Ma la signora Maria non so come riesce ad intercettarci durante il tragitto e riconoscerci su una via affollatissima; ci dice che dovevamo arrivare prima, che lei è di fretta e non potrà avere il telefono acceso e consegnandoci le chiavi ci spiega in un inglese superveloce (standard per i locali) come raggiungere l'obiettivo. Capto alcune cose fondamentali ma non proprio tutto e con i nostri bei 30 kg di bagaglio a testa ci avviamo un po' titubanti ma fiduciosi.
Morale della favola per ben due volte ho tentato di aprire delle porte numero 67 che, sfortunate, si trovavano proprio sul lato giusto della strada e abbiamo visto comparire i loro abitanti, il primo con un sorriso di compatimento, il secondo decisamente più perplesso (con un asciugamano in vita) e abbiamo ringraziato di non essere in Italia dove qualcuno avrebbe chiamato i carabinieri. Tom a quel punto, sconfortato, si è seduto sopra una valigia e mi ha detto che non si sarebbe più mosso finchè non mi assicuravo che fosse il 67 giusto.
Alla fine, al terzo tentativo ce l'abbiamo fatta e scaricato il pesante fardello, London ci è sembrata più accogliente.
Da lì in poi abbiamo iniziato l'esplorazione: della nostra casa provvisoria, del nuovo territorio circostante (avete presente il film di qualche anno fa East is East?), dei supermercati della zona, dei take-away di ogni immaginabile cucina dove comprare qualcosa da mangiare in giro, RIGOROSAMENTE fritto, dei siti internet dove si trovano le offerte delle camere da affittare per periodi più lunghi, della pittoresca (dal nostro punto di vista, of course!) popolazione che riempie ogni angolo della città. Sono davvero, davvero tanti qui e in linea di massima corrono tutti.
Dobbiamo dire di essere stati fortunati perché praticamente a una settimana dal nostro arrivo, abbiamo firmato il contratto per la nostra camera (da dove sto scrivendo), con uso bagno e cucina e bancone colazione (occasionally!), lavatrice (+usufrutto di uno sportello per le stoviglie e piccolo frigorifero) alla modica cifra dell'equivalente di € 600 al mese. Che è un'esagerazione, lo so, ma qui è normale e poteva andare molto peggio.
Da sabato scorso abitiamo qui, in zona 4, periferia est di Londra; la casa è di una giovane famiglia inglese ma con origini bengalesi, papà, mamma e bimba di 3 anni e cercando di disturbarci il meno possibile è con loro che divideremo gli spazi comuni per i prossimi mesi e metteremo alla prova l'incrocio, sotto lo stesso tetto, di culture e abitudini così diverse. Avendo un indirizzo fisso abbiamo potuto fare la domanda per l'ammissione a scuola di Tom, ma l'attesa di 2 settimane (chissà perché sono così efficienti e veloci in tutto e per la scuola ci vuole così tanto) si sta rivelando piuttosto faticosa perchè l'anarchia, il girare senza meta e la noia vanno bene, sì, ma solo per qualche giorno e soprattutto non per un ragazzino di 11 anni senza compagnia se non quella di "the Mum".
Tom, mercoledì sera, prima di addormentarsi: "Se non vado a scuola divento pazzo".
Mi raccomando non ditelo ai suoi amici italiani.